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MILANO: Il RESTAURO DELLA GOLETTA  "LEONE DI CAPRERA. (28 aprile 2005)

Sta per iniziare il restauro della goletta "Leone di Caprera" attualmente a Marina di Camerota, nella Grotta di Lenticelle. I membri della Commissione del Legno Bagnato Roberto Petriaggi (archeologo - ICR) e Giulia Galotta (biologa &endash; ICR), insieme a Luciana Rossi (chimica - Museo Pigorini), sono stati invitati dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia a fornire il proprio parere sul progetto di restauro e seguirne lo sviluppo.

"Leone di Caprera" è una imbarcazione storica, costruita 120 anni fa chiamata così in onore di Garibaldi. Voluta e costruita dopo molte difficoltà e vicissitudini da Vincenzo Fondacaro, di Bagnara Calabra, comandante della marina mercantile inglese, con l'aiuto del camerotese Pietro Troccoli e dell'anconetano Orlando Grassoni. La goletta oltre ad essere un esemplare unico per fattura ed armamento, vanta un primato marinaresco mondiale: è la prima imbarcazione di quelle dimensioni a compiere la traversata atlantica dall'Uruguay all'Italia nel 1880 con a bordo tre uomini di equipaggio. La traversata, iniziata il 3 ottobre 1880 da Montevideo, si concluse il 9 giugno nel porto di Livorno. Da lì la goletta fu trasferita nel laghetto della villa Reale di Monza.

Prima di essere collocata nella Grotta di Lenticelle a Marina di Camerata, l'imbarcazione (proprietà del Comune di Milano - Civiche raccolte storiche- Museo del Risorgimento) per un periodo di tempo è stata esposta nel giardino del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Dopo un recente sopralluogo a Marina di Camerota, gli esperti hanno ritenuto lo stato di conservazione dell'imbarcazione critico, ed hanno preso visione del progetto di restauro curato dall'Associazione Arie, incaricata di effettuare i lavori.

Al termine delle analisi diagnostiche conoscitive in programma, l'intervento di restauro di tipo conservativo, concordano i tecnici, dovrà essere improntato, per quanto lo consentano le esigenze di carattere statico e strutturale, al rispetto dei materiali e delle superfici originarie, e alla conservazione delle tracce di interventi successivi, ormai parte della storia del manufatto. Per questo, le operazioni di smontaggio ed eventuali sostituzioni e ripristini saranno limitati al minimo indispensabile. Al termine del restauro la goletta dovrà essere conservata in uno spazio museale idoneo perchè la contemporanea presenza su questo manufatto di materiali molto diversi tra loro (legno e metalli) che reagiscono in modo diverso alle sollecitazioni ambientali, non consente al "Leone di Caprera" di rimanere nella Grotta di Lenticelle. Il Comune di Camerota, al quale è affidato il controllo e la gestione del progetto, si è attivato per individuare una sede idonea alla sua esposizione definitiva. 

Riportiamo le caratteristiche tecniche della nave tratte dal progetto di restauro, curato dall'Associazione Arie, specializzata nel recupero di imbarcazioni storiche.

Lo scafo misura 9 metri di lunghezza, è largo metri 2,30; la sua altezza totale è di 1,00 metri al centro e 1,60 a prua e a poppa. Così lo descrive lo stesso comandante Fondacaro nel giornale di bordo "…E' costruito in legno di cannella, algarrobo, noce, pino bianco d'America; la coperta è a doghe larghe un pollice e mezzo, alternate fra noce e pino, tutto inchiodato e foderato in rame, ed ornato in bronzo: insomma è fatto artisticamente col disegno di darlo a qualche museo navale d'Italia e non già per uso di mare".

(Fonte: ICR news)

 

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VENEZIA MESTRE: Un itinerario culturale attraverso Mestre in 15 tappe (23.04.05)

Mestre non è rappresentata solo da palazzi moderni, ville e piazze ristrutturate ma anche da un sottosuolo che rivela un grande patrimonio archeologico su cui studiosi e amministratori hanno deciso di puntare e di rendere fruibile ai cittadini e ai turisti.

Si tratta del nuovo percorso archeologico composto da 15 tappe attorno al centro di Mestre che, grazie ai pannelli installati con breve testo di spiegazione e ad una audio guida, presenterà al cittadino i reperti rinvenuti soprattutto nel corso degli scavi a partire dal 1992: frammenti di ciotole, piatti e pentole in ceramica del 1200-1300, i resti della cinta muraria del Castelnuovo e scheletri rinvenuti presso la chiesa di San Lorenzo che uno studio antropologico ha accertato si tratti di sepolture di uomini, donne e bambini di età diversa.

Un patrimonio di valore per la città che ora può splendere un po' di luce propria e costruirsi un'identità indipendente da quella di Venezia.

«Stiamo lavorando da oltre dieci anni per tutelare, conservare e valorizzare i reperti archeologici, ha spiegato Luigi Fozzati, funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, e attraverso questo itinerario vogliamo presentare al visitatore tutto ciò che si è trovato durante piccole e medie ricerche quotidiane portate avanti da archeologi qualificati e motivati». La realizzazione dell'itinerario archeologico è un primo passo verso la costruzione del museo della città di Mestre, un obiettivo che gli addetti ai lavori perseguono con determinazione e su cui si sta lavorando anche con l'appoggio dell'amministrazione comunale.

Sono 15 le tappe per conoscere la storia e i popoli che hanno abitato Mestre fin dal tempo dei Romani, una passeggiata in tutto relax fra le vie del centro.

Si parte dalla Chiesa di San Lorenzo, dove gli abitanti del vecchio Borgo di San Lorenzo tra il XIII-XIV secolo hanno lasciato fragili bicchieri e bottiglie di vetro soffiato, e altri utensili da cucina in ceramica.

Si prosegue lungo la piazza Ferretto per fermarsi in via Pescheria Vecchia e in Riviera Magellano dove sono stati rinvenuti alcuni muri di contenimento in mattoni ed un piccolo approdo che testimoniano la costante attenzione dedicata dalla città al fiume.

Si è a due passi dalla Torre dell'Orologio che con i due grandi portali gotici fu utilizzata come accesso al borgo di Mestre già nel corso del 1200, attorno alla Torre in seguito si costruì la cinta muraria della città che assunse il nome di Castelnuovo.

In via San Rocco si vedono parte degli alzati che consentono di capire la tecnica edilizia del tempo, fatta con pietra d'Istria e nei giardini di via Torre Belfredo rimangono la piccola torre e i resti delle mura, uniche testimonianze del Castelnuovo assieme alle due torri angolari di cui rimane traccia in via Spalti.

E proprio fra viale Garibaldi e via Caneve si apriva una delle porte del Castelnuovo, chiamata Porta Altinate, visibile sulla pianta perché ormai completamente addossata dalle case.

Davanti alla vicina chiesa di San Girolamo c'era una canaletta visibile fino ai primi del Novecento che, attraversandola, ci portava in via Pio X, una zona di antiche abitazioni di cui nel sottosuolo rimane traccia.

Ma è in via Palazzo, precisamente nel giardino di palazzo Moro, che sono stati di recente rinvenuti vasi e brocche in ceramiche a testimonianza della vita a Mestre in epoca post medievale.

La passeggiata si conclude fra piazzetta Maestri del Lavoro, via Manin e via Castelvecchio, dove le strutture medievali che costituivano il borgo antico sono del tutto scomparse ma il ricordo della loro presenza rimane nel nome di alcune vie e nella cartografia antica.

Tutte le informazioni storiche si potranno ascoltare con un'audioguida gratuita da ritirare tutti i giorni, escluso il lunedì, al centro Candiani.

(Fonte: il Gazzettino)

 

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VENEZIA: Controlli contro gli scavi clandestini in laguna a Quarto d'Altino e Concordia Sagittaria (22.04.05)

Elicotteri, alta tecnologia, ispezioni via mare con "effetto sorpresa".

In pochi giorni, dall'11 al 16 aprile i militari dell'Arma dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, su direttiva del loro Comando e del ministero per le attività culturali hanno passato al setaccio 208 siti nazionali, dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia con lo scopo di contrastare gli scavi clandestini e i danni al patrimonio, irreversibili, che le attività illecite comportano.

Tra i 208 siti controllati dai carabinieri del nucleo elicotteri di Treviso e delle stazioni locali, 14 hanno riguardato la provincia di Venezia e la laguna. In particolare la zona archeologica di Quarto d'Altino (le Brustolade, i Portoni, Ca' Nuova, l'idrovora Ziliotto, Ca' Foscolo), l'area sotto la basilica paleocristiana e le rovine romane di Concordia Sagittaria, le isole di Santa Cristina, San Giacomo in Paludo, Lazzaretto Nuovo con il canale Tresso e San Marco in Boccalama.

Le verifiche sono state eseguite sia di giorno che di notte, ricorrendo alle più sofisticate tecnologie e in collaborazione con la Soprintendenza allo scopo di prevenire eventuali scavi illeciti o sparizioni di reperti archeologici.

Nei siti veneziani visitati i carabinieri non hanno riscontrato irregolarità.

Non altrettanto invece si può dire per altri siti di interesse nazionale. Infatti sono stati posti sotto sequestro oltre 200 fra oggetti (e parti di reperti) archeologici in Puglia, Sardegna, Lombardia, Campania e Piemonte, sono stati individuati un sito di epoca romana in Emilia Romagna e un relitto di nave nel mare della Sicilia.

Nelle province di Bari, Sassari e Genova, 6 persone sono state denunciate alla magistratura per reati specifici contro il patrimonio archeologico, come ricettazione e detenzione abusiva di beni provento di scavo clandestino; 38 i reperti recuperati a Gravina di Puglia, Bari, 35 quelli recuperati a Calangianus, Sassari, 58 quelli sequestrati a Verano Brianza, Milano, provenienti da una necropoli di età romana che conservava anche i resti di un bambino.

Provenienti dalla città antica di Pompei erano invece i reperti sequestrati ad un cittadino francese in partenza per l'estero; alti ottanta quelli sequestrati a Torino, fra monete e medaglie (anche una testa di ariete in metallo, parte di una statua).

 (Fonte: il Gazzettino)

 

 

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ROMA: Antartide, le due carote più antiche del mondo (21.04.2005)

I risultati della XX Spedizione Italiana in Antartide sono stati illustrati questa mattina presso la sede del Cnr.

Tra questi, due perforazioni del ghiaccio e dei fondali marini che consentono di ricostruire le variazioni climatiche fino a 900 mila anni fa.

Rilevata anche una crescita di CO2 in zone scarsamente popolate dell'emisfero australe

Un milione di anni fa.

Questa la retrodatazione record che ci consentono i due "carotaggi" eseguiti nell'ambito della XX Spedizione italiana in Antartide, svoltasi dal 14 ottobre al 20 febbraio, i cui risultati sono stati presentati presso la sede del Cnr.

La spedizione, cui hanno partecipato circa 250 persone tra ricercatori e tecnici, è promossa dal Consorzio PNRA per l'Attuazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, di cui fanno parte Enea, Cnr, Ogs e Ingv.

Un singolare "reperto archeologico", il più antico ghiaccio mai visto dall'uomo, è venuto alla luce dalla perforazione fino a 3.000 metri della calotta antartica portata a termine da EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica).

Ai ricercatori servirà per comprendere le variazioni climatiche del passato (le carote di ghiaccio contengono la registrazione dettagliata e continua della storia del clima e dell'atmosfera terrestre) e prevedere quelle del futuro.

La perforazione è iniziata nel 1996 presso la Stazione italo-francese Concordia, nella località Dome C, e si conclusa nel dicembre 2004.

Le carote raccolte coprono circa 10-12 cicli glaciali e interglaciali, rispetto ai 4 contenuti (420.000 anni) in quella perforata presso la Base russa di Vostok nel 1998. L'ulteriore step previsto è raggiungere il ghiaccio di 1.5 milioni di anni.

Mentre alcuni ricercatori erano impegnati sui ghiacci, altri, sulla nave oceanica Italica, conducevano studi di geologia biologia marina, fisica e chimica dell'atmosfera, ecologia marina.

L'attività sperimentale della campagna oceanografica è stata intensa, spiega Mariangela Ravaioli dell'Istituto di scienze marine (Ismar), sezione di Bologna del Cnr.

Si è operato sulle intere 24 ore e già sono stati raggiunti alcuni risultati risultati.

Tra questi, possiamo citare la raccolta di carotaggi marini nel Mare di Ross, che permettono di comprendere le fluttuazioni climatiche passate in intervalli da 10.000 a 30.000 fino a 200.000 anni, e un carotaggio marino dell'Oceano meridionale di 4.500 metri che permette di risalire nel clima del passato fino a un milione di anni fa, vale a dire ad 11 cicli glaciali.

Oltre a questo, la crociera oceanografica, che ha come capo spedizione l'ing. Roberto Meloni e come coordinatore scientifico la dr.ssa Ravaioli, entrambi del Cnr-Ismar, si è poi occupata della manutenzione e riposizionamento di strumenti fissi immersi già una decina di anni nelle acque del Mare di Ross, che servono a costruire serie climatiche osservate per comprendere le fluttuazioni del clima attuale.

Tra l'altro, la continuazione delle misure di anidride carbonica in atmosfera nelle rotte della nave oceanografica Italica ha permesso di calcolare dal 1994 ad oggi una crescita di CO2 pari a 1.7 parti per milione all'anno, anche in zone scarsamente popolate dell'emisfero australe. Si è osservato inoltre che il materiale organico e inorganico (particellato) presente nel mare di Ross si preserva sul fondale per il solo 1%, mentre il restante viene utilizzato dalla catena alimentare e trasportato dalle correnti marine.

Questi ricercatori si sono dimostrati nei fatti capaci di portare a casa ottimi risultati ha osservato il presidente del Cnr, prof. Fabio Pistella, ora ci vuole uno sforzo comune per l'apporto italiano agli studi sul cambiamento del clima. L'apertura della stagione invernale presso la base di Concordia, ha spiegato Ivo Allegrini, direttore dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr è un risultato, benché di natura logistica, che permette di svolgere alcuni programmi prima impossibili in questa stagione per la mancanza di infrastrutture. Grazie a questa postazione sarà possibile intraprende studi nel settore dell'astrofisica, della chimica dell'atmosfera, microbiologia e medicina in ambienti confinati.

(Fonte: CNR Ufficio stampa)

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SAN DOMINO (ISOLE TREMITI): ritrovato il piroscafo Lombardo che trasportò Garibaldi in Sicilia (21.04.2005)

Del piroscafo Lombardo che insieme alla 'Piemonte' nel 1860 portò Garibaldi e le sue mille camicie rosse da Quarto a Marsala rimane poco: una ruota, parti del motore e resti metallici che collegano pezzi in legno.

Il relitto, individuato tempo fa dallo storico Pietro Faggioli, è localizzato nei fondali dell'Isola di San Domino (arcipelago delle Tremiti), in una zona compresa tra cala degli Inglesi e punta del Vapore.

Ora la soprintendenza al beni archeologici, con i sommozzatori dei carabinieri e il nucleo per la tutela del patrimonio culturale, ha avviato le operazioni di ricerca del relitto per accertarne la reale attribuzione e per verificare la possibilità di recupero.

Dopo l'avventura dei Mille e la raggiunta unità d'Italia, il piroscafo 'Lombardo' venne spostato su altre rotte, e quattro anni dopo la gloriosa spedizione finì i suoi giorni al largo dell' isola di San Domino.

Il naufragio avvenne nella notte tra il 12 e il 13 marzo del l864 dopo che la nave rimase incagliata sulla secca di Cala degli Inglesi.

Il piroscafo trasportava detenuti ed era partito da Ancona alcuni giorni prima diretto alle Tremiti e a Manfredonia, durante il regno borbonico, le Tremiti erano, infatti, utilizzate come colonia penale: i detenuti politici venivano reclusi sull'isola di San Nicola, i criminali comuni a San Domino.

Dopo l'incidente per sei giorni si tentò di salvare la nave ma i tentativi furono inutili, e una tempesta completò l'opera sfondando la chiglia e la nave affondò.

Il piroscafo 'Lombardo' era stato varato nel 1841 e con il 'Piemonte' salpò il 6 maggio del 1860 da Quarto: a bordo c'erano 1.089 uomini e un'unica donna Rosalia Montmasson, moglie Francesco Crispi.

Il 7 maggio le navi si fermarono a Talamone dove furono consegnati a Garibaldi 4 cannoni e relative munizioni.

Il giorno dopo ripresero la navigazione per la Sicilia dove arrivarono l'11 maggio entrando nel porto di Marsala scortate dagli inglesi.

Poche ore dopo furono cannoneggiate dall'esercito borbonico: il 'Piemonte' fu devastato e finì su una secca mentre il 'Lombardo' rimase semi affondato nel porto di Marsala e fu riparato nei mesi successivi.

Un anno dopo riprese la sua attività trasportando da un porto all'altro truppe e detenuti. fino al suo ultimo viaggio che cominciò il 3 marzo 1864.

(Fonte: Il Gazzettino, Il Tempo. Il Quotidiano del Mezzogiorno )

 

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  CHIOGGIA (Ve): conclusa la mostra dei ritrovamenti archeologici di Torre Bebe. (14.04.2005)

Si è chiusa la mostra al museo civico del materiale archeologico rinvenuto dal gruppo Fossa Clodia nel sito della torre Bebe.

Una fortificazione a difesa del confine meridionale, ma anche un nodo della navigazione interna di allora. Il materiale rinvenuto - come aveva sottolineato l'archeologo Marco Bortoletto nella giornata inaugirale - dimostra il grado di elevato benessere che esisteva nella zona nel periodo medioevale. A quel tempo un boccale di maiolica come quelli rinvenuti nell'area, poteva valere quanto la paga di due mesi di un muratore.

Il prof. Luigi Fozzati, direttore di Nausicaa, della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, aveva anch'egli, rilevato l'importanza della mostra che fa luce su alcuni importanti punti della storia del territorio e sulla necessità e l'importanza di un futuro collegamento tra i Comuni di Chioggia, rappresentanto per la circostanza dall'assessore Ravagnan, e Cavarzere visto che proprio Cavarzere ha ottenuto un finanziamento per il riconoscimento del territorio della torre Bebe, al confine tra i due comuni, in parco archeologico.

Fonte: (Il Gazzettino - Gruppo archeologico Fossa Clodia)

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ALESSANDRIA (EGITTO): Alessandria distrutta da un maremoto? (07.04.2005)

Recenti studi hanno portato alla luce sulle strade dell'antica Alessandria una gran quantità di coralli

Per i ricercatori sono la prova definitiva che fu travolta e seppellita da un apocalittico tsunami, preceduto da un alternarsi di terremoti e subsidenza.

Le onde, alte trenta metri, sradicarono quei coralli in mezzo al Mediterraneo e li scagliarono contro le mura e i mosaici della città.

Così il maremoto inghiottì Alessandria e, di colpo, la fece scomparire dalla storia.

Accadde, ecco l'altra novità, tra il settimo e l'ottavo secolo dopo Cristo, quando in Egitto si parlava già arabo.

Dunque lo splendore e l'animata vita intellettuale della città durarono molto più a lungo di quanto gli storici abbiano creduto finora.

Alessandria è rimasta un centro attivo di irradiazione del pensiero e della scienza anche molto tempo dopo la caduta di Roma.

Grazie alle ricerche in corso, si sa inoltre che dieci-dodici metri sotto l'Alessandria attuale, l'Alessandria antica appare molto ben conservata. Dodici gruppi di scavatrici sono al lavoro per riportarla alla luce con il suo porto.

Ci serve una mappa subacquea tridimensionale di tutto il substrato. Per realizzarla stiamo applicando le tecnologie più raffinate, rivela il geologo Jean-Daniel Stanley, della Smithsonian institution di Washington.

L'imponente programma per il salvataggio dell' Alessandria antica è frutto della collaborazione. tra due personaggi di rilievo: l'archeologo Jean-Yves Empereur, direttore al Centre national de la recherche scientifique di Parigi, e I' uomo d'affari Franck Goddio. che usando le più avanzate tecnologie e basandosi su lunghe e attente indagini negli archivi, conduce da sei anni una dettagliata esplorazione del mare antistante Alessandria.

Ora Goddio intende comporre la mappa dell'intero fondo del porto. un'area di 25 chilometri per due e mezzo, studiando con il carbonio 14 tutte le tavole di legno e tutti i pali tirati su dai sub della spedizione. Sarà una mappa molto accurata perché verrà fissato un punto di riferimento ogni venticinque centimetri.

Goddio vuole arrivare a disporre di una cartografia precisa non solo di Alessandria ma anche delle città e del territorio circostante.

E riuscito a trovare uno splendido palazzo sprofondato, dell'epoca di Tolomeo e, soprattutto, quella che è ritenuta la reggia di Cleopatra.

Mentre il professor Empereur scopriva parti del faro di Alessandria, Goddio individuava venti navi affondate di indiscusso valore storico come l'Orient, l'unità dalla quale Napoleone aveva guidato la sua flotta nella sfortunata battaglia di Abukir (1 agosto 1798) vinta da Nelson.

E proprio dalle città a Nord-Est di Alessandria, Goddio ha iniziato la ricerca archeologica: Abukir, Heraklelon, Canopus e Menouthis erano molto più antiche di Alessandria, risalivano al VII e VI secolo avanti Cristo. E lì sono stati rinvenuti templi, palazzi, statue monumentali. che lo storico greco Erodoto aveva ammirato personalmente nel suo viaggio avvenuto nel 450 avanti Cristo.

La storia di Heraldeion partiva addirittura dall'Iliade. Secondo Erodoto, Paride portò qui la bella Elena per sfuggire alla furia di Menelao.

A Heraldeion, Danicì Stanley e Amos Nur che dirige il dipartimento di Geofisica dell'Università di Stanford, notano che mura e colonne sono cadute tutte da una parte, come tessere di un domino.

Proprio come avviene alle costruzioni investite dalla violenta vibrazione orizzontale del terremoto

Oggi si lavora nel fango, domani gli archeologi nuoteranno nell' acqua limpida per studiare meglio le rovine dell'antica Alessandria; i turisti invece le ammireranno passeggiando in un sistema di tunnel sottomarini di plexiglas.

Franck Goddio, che prima di darsi all'archeologia subacquea era un consulente finanziario molto stimato, può contare sull'appoggio della Hilti foundation del Liechtenstein.

Lo ha sostenuto in passato e ora gli metterà a disposizione almeno altri 300 mila dollari per il nuovo Center for maritime archaeology dell'Università di Oxford, che deve raccogliere e analizzare i dati provenienti dall'Egitto.

Andrà fino in fondo: con le sue scoperte vuole correggere i libri di storia.

Per esempio, a quanto risulta da iscrizioni da lui recuperate, Cleopatra si fece mordere da un cobra e non da un'aspide.

«Quello che abbiamo trovato finora è solo l'uno per cento di quanto potremmo salvare» fa sapere Empereur.

Senza i geologi, nè Goddio nè gli archeologi avrebbero potuto riscrivere la storia di Alessandria. la cui fine era stata finora attribuita a rivolte per cause religiose e politiche.

Il destino della città, non può essere capito se non si considera che le fondamenta poggiavano su un suolo instabile, in pratica sui sedimenti depositati dal Nilo.

L'esperienza ingegneristica degli Egizi e dei Romani era stata messa a dura prova da un cronico processo di subsidenza che alternava fasi lente a sprofondamenti improvvisi.

Terremoti e maremoti molto anteriori allo tsunami finale, il più distruttivo, avevano reso sempre più fluido il sedimento, spiega il geologo dello Smithsonian, Jean-Daniel Stanley.

Contro Alessandria congiurarono molti eventi. Un secolo prima che la città affondi, il livello del mare sale di circa due metri. Poi. tra il 741 e il 742 dopo Cristo, ha luogo un rovinoso straripamento del Nilo, documentato da testi arabi. «Ma la metropoli - dice Stanley - era nata con un alto grado di vulnerabilità, come un po' tutte le città che poggiano su delta di fiumi e su suoli instabili: penso a Venezia, Bangkok e New Orleans, che perciò hanno bisogno di molte cure».

(Fonte: Il sole 24 ore)

 

 

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