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SENATO DELLA REPUBBLICA
DISEGNO DI LEGGE N. 893
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presentato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Comunicato alla Presidenza il 27 novembre 2001
I testi riportati non hanno alcun carattere di ufficialità
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Onorevoli Senatori. &endash; Il presente disegno di legge ripete le analoghe iniziative legislative del Governo presentate nelle passate legislature (atto Camera 1897 nella XII legislatura e atto Camera n. 1984 nella XIII legislatura) e riguarda l'attività di tutela dei beni archeologici svolta dalle competenti sovrintendenze mediante la ricerca, lo scavo ed il recupero di quei beni sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le acque interne e quelle marittime, che rientra nei compiti istituzionali del Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.
Per carenza di provvedimenti organici e per l'attitudine culturale a considerare preminenti le ricerche sulla terra ferma, l'attività di ricerca subacquea è stata solo occasionalmente oggetto di attenzione da parte del legislatore.
I processi tecnologici consentono oggi coltivazioni di giacimenti culturali presenti in modo significativo nelle acque ed esposti, peraltro, a ricerche clandestine. Questo crescente interesse consente una rilettura della storia sulla base dei risultati dei ritrovamenti ma, se non condotto con criteri scientifici, rischia di produrre danni irreversibili.
L'Amministrazione ha, in un primo momento, organizzato i propri uffici per fornire una prima risposta al problema.
L'istituzione di un servizio tecnico per l'archeologia subacquea, nell'ambito del competente Ufficio centrale, ha certamente contribuito ad affinare le riflessioni sul tema e a predisporre un quadro di riferimento del fenomeno, anche attraverso il lavoro svolto dai centri operativi periferici di Brescia (Castello di Sirmione), per le aree lacustri di Roma (Soprintendenza archeologica), per le aree fluviali di Napoli (Castello di Baia) e per le aree marine.
Il fenomeno è ampiamente conosciuto e le stime parlano di migliaia di presenze di relitti di navi risalenti al primo millennio avanti Cristo. Lo stesso Consiglio d'Europa se ne è occupato sin dal 1978 con la raccomandazione n. 848 dello stesso anno. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, nella Convenzione sul diritto del mare, ha raccomandato agli Stati aderenti di estendere la legislazione statale anche agli spazi marini.
Invero si ipotizza che nel sommerso possono ritrovarsi beni in maggior numero di quelli conservati nei musei di Francia, Grecia, Italia e Spagna; se ciò può sembrare eccessivo, non sfuggirà certamente che, per ragioni storiche e geografiche, è proprio il nostro paese, e quindi le acque che lo circondano, la realtà nella quale è presumibile che esistono le più significative presenze sommerse. È sufficiente ricordare al riguardo clamorosi rinvenimenti, quali i cosiddetti «Bronzi di Riace», la nave romana rinvenuta intatta nelle acque antistanti l'antica città di Aquileia, nonchè il recente rinvenimento di altre statue bronzee nel mare di Brindisi e delle navi romane a Pisa.
Le considerazioni che precedono consigliano uno strumento legislativo che si faccia carico di fornire una risposta in termini normativi al problema.
Viene pertanto proposto il presente disegno di legge che consta di due articoli.
L'articolo 1, in aderenza a quanto rappresentato dalla raccomandazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ratificata ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689, estende l'ambito di applicazione della legge nazionale di tutela anche agli spazi marini adiacenti al mare territoriale, nonchè alle acque interne. Si tratta di una norma di garanzia che tiene conto dell'indicazione della Convenzione di Ginevra del 1958, nonchè degli accordi bilaterali che lo Stato italiano ha firmato per la definizione concreta della piattaforma continentale di propria spettanza.
Con l'articolo 2 si istituisce l'abilitazione di operatore archeologico subacqueo da conferire a personale dipendente dal Ministero per i beni e le attività culturali e da concessionari, cui affidare compiti operativi di ricerca di beni sommersi, previo rigoroso accertamento di specifici requisiti.
Il disegno di legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. Il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni, si applica anche alla zona di mare di dodici miglia marine a partire dal limite estremo del mare territoriale ovvero, quando tale zona si sovrappone con analoga zona o con il mare territoriale di altro stato, in pendenza di accordo con tale Stato, ad una zona limitata alla linea mediana.
2. In applicazione di quanto disposto dall'articolo 303 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, resa esecutiva ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689, la rimozione di oggetti di carattere archeologico o storico trovati anche fortuitamente nella zona di cui al comma 1 può essere effettuata solo previa autorizzazione della competente soprintendenza archeologica. In caso di urgenza, al fine di garantire la sicurezza e la conservazione degli oggetti ritrovati, lo scopritore può procedere alla rimozione degli oggetti stessi consegnandoli immediatamente alla soprintendenza archeologica territorialmente competente o alle forze di polizia o, in caso di obiettiva impossibilità, informando la soprintendenza e le forze di polizia.
3. La Marina militare concorre all'attività di vigilanza sulle aree marine di interesse storico, artistico e archeologico nell'ambito delle funzioni di cui all'articolo 1235, primo comma, numero 4), del codice della navigazione. Il Ministero per i beni e le attività culturali può concludere apposite convenzioni con Ministeri ed enti pubblici per la collaborazione dell'attività di ricerca archeologica.
4. Ogni attività di ricerca, di salvaguardia e di tutela dei beni culturali compresi negli spazi marini nonchè nei laghi, nei corsi d'acqua, nei canali, nei bacini artificiali o in altri specchi d'acqua, o in zone soggette a maree ovvero in ogni altra zona inondata periodicamente, deve essere effettuata sotto la direzione di archeologi e con l'eventuale ausilio di geomorfologi marini, conoscitori dei fondali marini, nei limiti delle ordinarie dotazioni di bilancio destinate alle attività di ricerca archeologica nel caso di attività svolte direttamente dal Ministero per i beni e le attività culturali.
5. Nessuno può procedere a prospezioni con strumenti atti a favorire la localizzazione dei beni culturali di cui al presente articolo, a scavi, a sondaggi o a recuperi senza avere preliminarmente ottenuto le specifiche autorizzazioni.
Art. 2.
1. Il Ministro per i beni e le attività culturali, nell'ambito del piano annuale per la realizzazione degli interventi e delle spese ordinarie e straordinarie da effettuare da parte degli organi centrali e periferici del Ministero, di cui all'articolo 7 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, definisce il programma per le attività collegate all'esplorazione subacquea e a quelle di recupero. Per la realizzazione di tali attività è utilizzato personale dipendente dal Ministero per i beni e le attività culturali, nell'ambito delle rispettive competenze professionali e nei limiti della dotazione organica e degli ordinari stanziamenti di bilancio, ovvero da concessionari incaricati. I concessionari sono individuati tra i soggetti pubblici e privati di riconosciuta competenza operanti nel territorio interessato dalle attività di archeologia subacquea.
2. Al personale utilizzato ai sensi del comma 1 è conferita l'abilitazione di operatore subacqueo, secondo le prescrizioni dettate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di riconoscimento dei brevetti.
3. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuate le modalità per il conseguimento dell'abilitazione del personale di cui al comma 1.
4. L'abilitazione all'immersione rilasciata dal Ministero per i beni culturali e ambientali e successivamente dal Ministero per i beni e le attività culturali, insieme alla Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquea (FIPSAS) del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) o insieme alle altre associazioni del settore, prima della data di entrata in vigore della presente legge sostituisce l'abilitazione di cui al comma 2, previo accertamento dell'idoneità fisica da parte dell'azienda sanitaria locale competente per territorio.
2. Alle imprese subacquee di cui all'articolo 5 che effettuano immersioni di lavoro oltre 12 metri è fatto obbligo di assicurare la presenza nel cantiere di una camera iperbarica munita di pre-camera; sono esclusi da tale obbligo i centri di immersione e le organizzazioni didattiche e gli enti di ricerca scientifica, purché indichino un medico specializzato in medicina subacquea e collegato con un centro iperbarico, per i casi di emergenza.
3. Le imprese, i centri e le organizzazioni di cui all'articolo 5 hanno l'obbligo di tenere un registro delle attrezzature e degli equipaggiamenti in cui devono essere annotati tutti i dati attinenti al collaudo alla manutenzione ed all'utilizzo nell'attività subacquea ed iperbarica.
4. In caso di omessa tenuta del registro di cui al comma 3, o di inefficienza delle attrezzature o degli impianti usati per l'attività subacquea ed iperbarica, la Capitaneria di porto e la Direzione provinciale del lavoro possono procedere, in base alla gravità delle omissioni, alla temporanea sospensione dell'attività dell'impresa e al sequestro delle attrezzature. Nei casi più gravi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, su segnalazione della Capitaneria di porto o della Direzione provinciale del lavoro, dispone la cancellazione dell'impresa, del centro o dell'organizzazione dal registro di cui all'articolo 5.
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