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Un manufatto ligneo di età romana rinvenuto presso Motta S. Lorenzo (Laguna di Venezia)

Problemi posti dalla sua salvaguardia

di Antonio Rosso e Ernesto Canal

atti 2° Convegno Regionale dei Gruppi e delle Associazioni di Archeologia del Veneto, 7 Ottobre 1984 pp. 60-67 - Isola Vicentina (VI)

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I

Il patrimonio archeologico della Laguna di Venezia può essere distinto in tre livelli, che presentano problematiche completamente diverse.

1) Livello con materiali e strutture di età romana: situato a oltre due metri di profondità. Tranne in vicinanza della grotta lagunare non vi è alcuna struttura visibile in superficie, neppure con bassa marea. Tutti i materiali recuperati o le strutture provengono dal fondo dei canali e non sembrano avere alcun legame con l'attuale morfologia.

2) Livelli ed insediamenti di età medioevale: situati da un metro a pochi decimetri di profondità. Sono riferibili ad antiche isole, cordoni di dune, arginature, spesso rintracciabili nell'antica cartografia. Ciò che rimane, emerge con la bassa marea.

3) Strutture di età moderna, superficiali ed in alcuni casi ancora in buono stato di conservazione; esse sono legate alle attuali isole e alla loro sorte.

Tralasciando le cause naturali (correnti di marea, venti ecc.) che contribuiscono soprattutto al depauperamento di quest'ultimo punto, sono le attività umane che aggrediscono e distruggono il patrimonio archeologico romano e medioevale: scavazioni di canali, posa di acquedotti e metanodotti, pesca a strascico, moto ondoso, a cui si deve aggiungere la continua opera di subacquei e collezionisti operanti a titolo proprio.

In un tale contesto è evidente che solo grossi interventi, a grande scala e articolati potrebbero risolvere il problema.

In realtà oggi non esiste nessuna tutela del patrimonio archeologico della Laguna di Venezia, la cui salvaguardia è affidata al solo lavoro (oscuro e continuo) di rilevamento delle strutture che via via si ritrovano ed al recupero di quanto si rinviene sul fondo dei canali e sulle rive delle isole o degli antichi argini.

È per questo che la ricerca subacquea assume una importanza fondamentale nel campo dell'archeologia lagunare: spesso un rilevamento eseguito tempestivamente rimane l'unico elemento a testimoniare l'esistenza di un insediamento perché nel corso di pochi anni il sito può essere irrimediabilmente compromesso.

II

A questo proposito riportiamo due casi, assai diversi, ma significativi della situazione in cui versa il patrimonio archeologico lagunare e delle realtà in cui ci si trova ad operare quotidianamente.

Il primo esempio si riferisce alla località di S. Leonardo in fossa mala: un'isola non rintracciabile negli attuali toponimi, la cui collocazione tuttavia è indicata nelle antiche cartografie dei sec. XV e XVI. 

Nel 1971 è stata ritrovata sul territorio la sua esatta posizione, nel 1973 sono stati rinvenuti i resti di cinque edifici e nel 1979 si è potuto rilevare le strutture murarie basali di due nuovi edifici di cui uno (riferibile ad una chiesa) con tre absidi semicircolari.

Durante i rilevamenti si è appurato tuttavia come lo scavo di un canale (aperto per avere materiale da utilizzare alla costruzione della vicina arginatura di una delle casse di colmata per la terza zona industriale) abbia tagliato in due gli edifici asportandone una lunga fetta. (fig. 1).

FIG. 1 - San Leonardo in Fossa Mala - 1974

Inoltre il continuo passaggio di grosse navi in transito nel canale dei Petroli provenienti dal Porto di Malamocco e dirette alla zona industriale di Marghera o viceversa, provoca un continuo moto ondoso che ne martella le strutture. Più esposte, la muratura sud e l'abside centrale della chiesa, costruite a "sacco", sono già in via di disgregazione.

Pertanto se si può dire che il fenomeno erosivo provocato dal moto ondoso ha permesso il rilevamento delle strutture liberandole dal fango che le proteggeva, la stessa causa ora provoca lo spostamento di mattoni e pietre disperdendole in una vasta area.

È necessario, quindi, intervenire se si vuole salvare questi resti, costruendo una difesa fisica (palificazione) che li protegga dalle onde, prima che sia troppo tardi.

 

Diverso il secondo tipo di esperienza.

Essa si riferisce ad un manufatto monossile in legno di età romana (2) di cui si vuol dare ampia descrizione perché non si è ancora avuto modo di individuarne la funzione e anche la letteratura consultata non ha dato un valido aiuto.

Il manufatto è stato rinvenuto nelle vicinanze dell'isola di S. Cristina, presso Motta S. Lorenzo (Laguna nord) a m 2,75 di profondità nell'omonimo canale, parzialmente sporgente dal fianco est (fig. 2).

È un tronco di legno, scavato internamente, lungo m 3,10, con lunghezza massima di cm 75 ed una profondità interna finale di 30 centimetri (fig. 3) (Foto n. 1).

 

FIG 2 Profilo rilevato nel luglio del 1974
FIG 3

L'asse longitudinale, orientato a 315° N era inclinato di 11° verso il centro del canale.

Una estremità è affusolata, mentre l'altra risulta tagliata perpendicolarmente all'asse longitudinale e a cm 70 da questo lato, presenta sul fondo un foro quadrangolare, passante, di mm 125 di lato.

FOTO 1

Su tale foro, infilata per il codolo e disposta trasversalmente si è rinvenuta una paratia, leggermente asimmetrica, sagomata in modo da seguire il contorno della sezione interna.

Essa è stata ottenuta da un unico pezzo di legno ed il codolo forma meno regolare del foro e con una sezione minore (mm 100); fuoriesce dal fondo (foto n. 2).

La paratia, di mm 85 di spessore ha la stessa altezza del bordo superiore del tronco, ma nulla esclude, per la mancanza di una finitura precisa, che potesse essere più elevata. La sezione del foro e del codolo, permettono che essa possa ruotare liberamente (foto n. 3).

FOTO 2 - valvola
FOTO 3

Esternamente il tronco recava ancora la sua corteccia, anche se fortemente intaccata da organismi incrostanti e perforanti ed il suo profilo interno si approfondisce linearmente fino al foro per poi mantenersi costante.

I bordi hanno uno spessore di mm 100 e lo scavo non è stato mai spinto in maniera da assottigliarli e neppure da approfondire ulteriormente il fondo. Attorno al manufatto sono stati individuati 24 pali a sezione circolare, con diametro variante da 50 a 200 millimetri, una trave a sezione quadrata di mm 120 di lato ed una sezione rettangolare da 200 per 70 millimetri (fig. 4). Si sono inoltre trovate alcune tavole, in vicinanza della troncatura, sistemate di taglio nel sedimento.

La disposizione delle palificazioni a diametro minore sembra priva di significato; molto regolare, al contrario, in quelli a diametro maggiore, che mostrano un andamento a maglie, parallelo all'asse del manufatto.

Sembra che ne seguano il motivo spaziale, come se fossero in funzione di esso.

FIG 4 - pianta dell'area

III

Attorno al manufatto, sparsi sul fondale sono stati rinvenuti numerosi reperti tra cui un embrice completo (60x45 cm.) in due metà; un frammento di vaso in cotto decorato a stecca con piccoli tratti (buccheroide), un cercine di vaso e vari frammenti di anfore tra cui due anse, un codolo e una tessera musiva di 10x10x15 millimetri.

Precedentemente a circa 50 metri a sud del punto in esame erano stati recuperati numerosi frammenti di sesquipedali di anfore e ceramiche, tra cui un frammento di ceramica aretina (Sigillata rossa) con il marchio di fabbrica... ERO e la scritta in graffito VEIDI sia attorno al cercine che all'interno dello stesso. Numerose le anfore databili dal I sec. a.C. al I sec. d.C.

È stata portata alla superficie anche una parte inferiore di anfora il cui interno presentava resti di olive e un altro frammento che aveva tracce di resina.

E' stato recuperato in questa area pure un collo di anfora con anse a doppio bastoncello (bifilari) con impresso L. TITIA.

Tra le altre ceramiche da citare, si ricorda infine un frammento di tazza decorata con graffito a piccoli tratti, ingobbiata, di tipo lionato. (3)

All'interno sono stati recuperati quattro frammenti di ceramica di cui due, lavorati a pettine, di epoca tardo antica simili ad analoghi pezzi recuperati sulle rive della vicina isola di S. Lorenzo.

Sono stati riportati in superficie anche numerosi frammenti di intonaco, alcuni con uno strato superficiale di stucco (a volte tinto in nero) del I sec. d.C. caratterizzato dalla presenza di piccoli frammenti di marmo saccaroide. Particolare questo osservabile anche in altri resti di intonaco recuperato nell'area lagunare, altinate e nel padovano.

 

IV

 

Le dimensioni e la forma, tozza e poco profonda, di tale manufatto hanno fatto escludere l'ipotesi che potesse trattarsi di una imbarcazione o parte di essa adattata in epoche successive ad altro uso.

La troncatura finale, precisa e perfettamente perpendicolare all'asse longitudinale, il piano interno inclinato indicano un uso preciso e definito fin dalla sua costruzione.

Ad alcuni metri di distanza, inoltre, è stato segnalato un secondo elemento ancora coperto dai sedimenti, e nelle vicinanze vi sono strutture in muratura, sotto il fango ad oltre due metri di profondità.

Viene quindi da pensare ad un "complesso" piuttosto che ad un'opera isolata e senza alcun contesto.

L'uso di simili elementi doveva inoltre essere relativamente comune in quanto numerosi analoghi manufatti, alcuni di dimensioni minori sono stati rilevati successivamente a questo nei canali della Laguna Nord (Scannello, Rigao), sempre associati a materiale di età romana. Ciò escluderebbe un fatto casuale.

Un'ulteriore conferma si è avuta con la recente datazione del codolo della paratia mobile ottenuta mediante il metodo del radiocarbonio C 14 dove si è avuta un'età di 1900 ± 200 anni (Favero, Serandrei 1981) analoga ai reperti ceramici recuperati.

Un altro dato che sembra emergere costante è la disposizione ditali manufatti obliqui al canale in cui vengono rinvenuti ed anche se è difficile poter concludere a cosa potessero essere serviti; come ipotesi di lavoro si può parlare di un uso idraulico legato all'agricoltura o a qualche mulino o salina.

Questo intervento permette ora alcune considerazioni.

Portato, dopo il recupero, nel Museo Storico Navale di Venezia e conservato in un apposita vasca a ricambio d'acqua vi giace ancora a dieci anni di distanza. (oggi, anno 2002 non si sa, invece, dove sia stato portato)

Lo spostamento del manufatto (allora unico) non è mai stato posto in discussione: nella zona veniva praticata la pesca a strascico ed il ritrovamento alcuni anni dopo di un secondo esemplare che lasciato in loco non è più stato ritrovato, ha confermato indirettamente la validità dell'intervento.

In occasione del terzo ritrovamento si è ritenuto allora di provvedere al recupero, e poi riseppellirlo nel fango in località nota e sicura.

Pertanto, analogamente a quanto suggerito al convegno di Fagagna (UD) lo scorso anno per le imbarcazioni monossili dei fiumi veneti e del Bacchiglione in particolare, si potrebbe destinare, in collaborazione con le autorità competenti, un'area da trovare ad esempio nei bacini dell'Arsenale di Venezia, dove collocare sul fondo, opportunamente protetti con fango o sabbia e delimitati da muretti in cemento, tutti quei reperti ingombranti che. richiedono per conservarsi un ambiente simile a quello del ritrovamento.

I manufatti così custoditi potrebbero poi attendere senza ulteriori danneggiamenti e costi il momento più opportuno per essere studiati e restaurati.

Concludendo, le situazioni esposte devono essere momento di riflessione: per chi opera sotto il pelo dell'acqua, ma anche per chi si trova a lavorare in superficie o dietro una scrivania.

In ogni caso prioritaria emerge la necessità del rilevamento tempestivo dei manufatti rinvenuti, per questo si vuole ricordare che il Sub San Marco porta un ulteriore contributo in questo campo organizzando con la scuola per Operatori Tecnici Archeologi Subacquei (O.T.A.S.) corsi in cui l'esercizio nei vari metodi di rilevamento occupa il tempo preponderante.

 

BIBLIOGRAFIA

CANAL E., 1979, 5. Leonardo in fossa mala. Note sui rilievi relativi alla chiesa e ad un edificio monasteriale. Archivio Soprint. Arch. Veneto - Dattiloscritto.

DORIGO W., 1983, Venezia. Origini - Electa Ed. Milano.

FAVERO V., SERANDREI BARBERO R., 1981. Evoluzione paleoambientale della laguna di Venezia nell'area archeologica tra Burano e Canale S. Felice - Lav. Soc. Ven. Sc. Nat. Vol. 6 pp. 119-134, Venezia.

FAVERO V., T. SERANDREI BARBERO R., 1983. Oscillazioni del livello del mare ed evoluzione paleoambientale della Laguna di Venezia compresa tra Torcello ed il margine lagunare - Lavori Soc. Ven. Sc. Nat. Vol. 8, pp. 83-102, Venezia.

ROSSO A., 1983, Sub San Marco. Ricerca, didattica, tutela del territorio: quindici anni di attività. Atti I Convegno Regionale Gruppi ed associazioni di Archeologia del Veneto 15-16 Maggio - Castello di Godego, Treviso.

ROSSO A., 1982. Caccia alle origini - La laguna di Venezia in età romana. Archeologia Viva anno I, n. 7 Ottobre 1982, Firenze.

ROSSO A., 1984. Le imbarcazioni monossili del Veneto. Atti Convegno "La ricerca archeologica dalla preistoria al medioevo" 24-25 Settembre 1983 - Villalta di Fagagna, pp. 27-46, Udine.

 

Note: (1) Alla ricerca, condotta da uno degli scriventi (E. Canal) hanno contribuito C. Cardone, G. Conchetto, O. Costantini, P. Giuriato, F. Masiero, A. Molino, P. Molino, F. Pianetti, P. Primon, E. Turchetto, P. Zanetti della Sezione di Archeologia Subacquea del Sub San Marco.

(2) Il ritrovamento si deve al sig. D'Este Giovanni di Burano, mentre la squadra del Sub San Marco che ha effettuato i rilevamenti era composta da F. Maglich, G. Mognato, A. Rosso.

Alle operazioni di recupero hanno partecipato: F. Maglich, F. Masiero, A. Molino, A. Rosso, P. Zanetti, membri della Sezione di Archeologia Subacquea assistiti e coadiuvati dai soci F. Fazzini, G. Mognato, E. Montaldo, G. Pozzi, E. Rossi, N. Venerandi.

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