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La sorbona
di Giorgio Mesturini
pubblicata su "AQVA" Ottobre 2002 - pag. 36-37 - Per gentile concessione del Direttore Responsabile
In quasi tutte le campagne archeologiche subacquee viene impiegato un particolare aspiratore: la sorbona.
Di plastica o di gomma, questo strumento è utilizzato per scavare e recuperare sott'acqua reperti di vario genere
Quando si opera su un carico di anfore di un'antica nave romana o sui resti di un villaggio palafitticolo lacustre, nella maggior parte dei casi il sito celerà sotto una spessa coltre di fango o di sabbia, che, prima di recuperare il materiale archeologico, dovrà essere asportata.
Il recupero è una delle fasi principali del complesso lavoro dell'archeologo subacqueo e viene svolto grazie a un semplice strumento: la sorbona.
E questo, infatti, il termine con il quale si identifica l'attrezzo di lavoro comunemente utilizzato per asportare o scavare sott'acqua.
Vi sono due tipi di sorbona: ad aria e ad acqua.
Quella ad aria, la più utilizzata, funziona per mezzo di una depressione creata artificialmente con dell'aria all'interno di un grosso tubo; questa consente di risucchiare dal sito archeologico oltre a fango, detriti di medie dimensioni.
Lo strumento è composto di un tubo abbastanza morbido ma in ogni caso indeformabile di circa 100-150 millimetri di diametro e lungo in genere quanto la colonna d'acqua che sovrasta il campo di scavo, che per comodità espositiva chiameremo semplicemente tubo H.
A questo corpo principale viene collegato, più in basso possibile, un tubo di minori dimensioni (y) nel quale si veicola dell'aria spinta da un compressore a bassa pressione che va a finire all'interno del tubo H.
L'aria così liberata all'interno di questo sale vorticosamente verso la superficie, dilatandosi proporzionalmente al decrescere della pressione.
La forte depressione creata in quella parte iniziale del tubo H non interessata al passaggio dell'aria verso la superficie, è quella destinata ad essere usata per le operazioni di scavo e di recupero.
Assieme all'acqua vengono risucchiati nel tubo, anche sabbia, fango e detriti vari.
Modificando questo principio base di costruzione, è possibile apportare modifiche sia alla portata d'aria sia al diametro del tubo H, aspirante, con la conseguenza di cambiare le caratteristiche di aspirazione.
La differenza di portata d'aria compressa influisce, a parità di dimensioni del tubo, aspirante sulla forza di aspirazione, mentre, a parità di portata d'aria, aumentare il diametro del tubo aspirante può creare una minore suzione.
Un' ultima possibilità che si sfrutta all'occorrenza, per controllare la potenza della sorbona, è costituita dalla regolazione della quantità d'aria del tubo, che si ottiene attraverso la valvola d'immissione posta sul tubo y.
La messa in esercizio della sorbona, soprattutto se si opera a medie -alte profondità, deve essere preceduta dal suo sicuro ancoraggio sul fondo, poiché una volta messo in funzione l'attrezzo tenderà a salire verso la superficie, in seguito all'espansione dell'aria all'interno del tubo H.
È un dato di fatto che, per profondità minime, la sorbona ad aria, non offra una resa al 100% della sua potenzialità dal momento che non crea una sufficiente colonna di risalita dell'aria espansa; in questo caso la tecnologia dello scavo si avvale della sorbona ad acqua.
Questo strumento invece della depressione creata naturalmente dall'aria, ne crea artificialmente una simile per mezzo di una motopompa soffiante.
La forza aspirante viene creata tramite una depressione attivata dall'immissione d'acqua, che giunge a pressione dalla motopompa, attraverso un ugello applicato alla testa e orientato verso lo scarico; solo così l'efficacia dello scavo è garantita anche se si opera a poca profondità.
Esiste anche una sorbona portatile, tubi montati sulle due bombole di un autorespiratore ad aria, utilizzata per eseguire brevi lavori e studi preliminari; questa ha il difetto però di ostruire la visibilità al subacqueo dal momento che il materiale aspirato provoca l'intorbidamento dell'acqua.
Generalmente tutti i modelli sopraccitati sono muniti in superficie di un contenitore a setaccio, che permette di verificare la natura del materiale risucchiato durante lo scavo, onde evitare la perdita di piccoli reperti risucchiati.
Questo strumento viene messo all'estremità del tubo aspirante H in maniera da raccogliere l'acqua frammista a fango che fuoriesce dallo scarico.
Per evitare il blocco o il mal funzionamento della sorbona, normalmente si colloca in prossimità della bocca aspirante una griglia o più semplicemente una grossa croce, con la funzione d'impedire che detriti, sassi o reperti di discrete dimensioni vengano inavvertitamente risucchiati.
In relazione anche al tipo di scavo, sia questo effettuato per sbancare grandi quantità di fondo sia per operare sul legno di una nave, vengono usate anche sorbone a debole potenza, e comunque senza testa" a croce, per essere più leggere ed evitare di rovinare reperti così importanti quali sono appunto quelli lignei di antichi relitti.
Il lavoro dell'archeologo che opera con la sorbona, sopra un sito archeologico, richiede molta attenzione e delicatezza, in quanto questo indispensabile strumento di scavo, se viene utilizzato in modo non corretto, può rovinare e far perdere preziose testimonianze del passato.
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