www.archeosub.it |
|
A.I.A.Sub
Associazione Italiana Archeologi Subacquei
1° Convegno di archeologia subacquea A.I.A.Sub
Da L'Archeologo Subacqueo (set-dic 1996 e gen-apr
1997) - parzialmente rielaborato
Gli atti del convegno sono stati pubblicati nelle edizioni
Edipuglia
Nei giorni 30 e 31 maggio e 1 giugno 1996 si è tenuto ad Anzio il convegno di archeologia subacquea promosso e organizzato dall'dall'A.I.A.Sub. Ne è uscita una panoramica completa delle attività di ricerca e di tutela attualmente in corso in Italia, anche con significative "puntate" all'estero.
Strutture sommerse.
B. Di Lorenzo (L 'insediamento palafitticolo del lago di Mezzano) ha fatto il punto sulle campagne di scavo subacqueo e di rilevamento nel piccolo lago laziale relativamente alla definizione dell'abitato palafitticolo dell'età del Bronzo da cui sono stati recuperati materiali ceramici e metallici.
E.Tortorici (Archeologia subacquea e variazioni geomorfologiche: laguna di Grado e Catania) ha mostrato l'importanza della ricostruzione dell'assetto geomorfologico antico e quindi di quella storico-topografica. Fenomeni eustatici hanno portato, a partire almeno dal X-XI secolo, alla formazione della laguna di Grado: indagini geologiche, e recenti ricognizioni subacquee che hanno accertato nuove presenze (assi viari, ville rustiche, ecc.), dimostrano che essa in età romana era completamente emersa. Per Catania, le profonde trasformazioni della costa dovute alle successive colate laviche dell'Etna hanno complicato il problema dell'identificazione del porto. Studi geologici e ricognizioni subacquee ne autorizzano la localizzazione nel golfo di S. Giovanni Li Cuti, colmato da una colata lavica nel 1831.
G. Boetto (Un antico ancoraggio a Punta Bracceno - Camarina (RG) ha riferito dell'individuazione di un luogo di ancoraggio per la navigazione di piccolo cabotaggio che, in età greca, collegava la città di Camarina con il porto canale sull'Irminio e con il probabile emporio di Contrada Maestro. L'ancoraggio è testimoniato da numerosi elementi di ancore.
E. Felici e G. Balderi (Nuovi documenti per la topografia portuale" di Anzio) hanno illustrato l'ipotesi che il porto neroniano di Anzio fosse composto da due bacini contigui. È quanto dimostrerebbe la nuova datazione all'età imperiale proposta da di un resto in calcestruzzo antico, tradizionalmente ritenuto residuo di un "pennello" settecentesco, noto come "molo Panfili", e documentato da fotografie e da cartoline d'epoca.
P.A. Gianfrotta (Le peschiere "fantasma" di Nettuno) ha ricostruito la presenza, prima delle radicali trasformazioni della costa negli ultimi decenni, di due peschiere marittime antistanti al Castello di Nettuno. Inedite fotografie aeree italiane dell'ultima guerra mostrano infatti i fondali e l'assetto della fascia costiera dell'epoca. Si è così potuto rettificare le planimetrie di queste strutture, finora note soltanto attraverso equivocati schizzi del Lanciani e approssimativi rilievi dello Jacono.
A. Benini (Una villa marittima nelle acque di Bacoli) ha descritto i risultati di prospezioni nella Baia di Marina Grande di Bacoli che hanno portato all'individuazione di parti sommerse di una importante villa marittima romana. Era costruita su una piattaforma che si protendeva lungo il mare. Il rilievo ha finora restituito la disposizione di ambienti termali e di un ponte che la collegava alla terraferma. La posizione e l'ampiezza dell'impianto fanno associare la villa alle vicende di Agrippina (madre di Nerone) a Bauli.
Secondo F. Esposito e G. Ceraudo (Strutture sommerse a S. Cataldo) una struttura sommersa di notevoli dimensioni scoperta a San Cataldo (LE) lascia spazio a varie ipotesi anche se potrebbe trattarsi di un vivarium da mettere in relazione con alcune fosse rettangolari scavate nella roccia, trovate sulla costa, che probabilmente venivano utilizzate nella lavorazione del pescato.
G. Ceraudo (Un relitto a Torre Melissa (Crotone)) traccia un quadro dei risultati di indagini condotte nel territorio dell'antica città brettio-romana di Petelia (odierna Strongoli) e prospezioni subacquee che hanno permesso di chiarire il sistema di porti e approdi di questo tratto di costa. Sono stati accertati un porto alla foce del fiume Neto, uno scalo nei pressi del tempio di Apollo Aleo a Punta Alice e un piccolo insediamento di età romana con approdo in località Tronga alla Marina di Strongoli. In questo tratto di costa è stata segnalata la presenza di un piccolo giacimento di anfore Lamboglia 2.
Navigazioni e relitti
C. Pagliara (Testimonianze di navigazione nel Basso Adriatico) ha esposto le approfondite analisi di carattere storico-archeologico, da tempo condotte lungo la costa salentina, che hanno ricostruito un quadro estremamente composito e variegato delle navigazioni nel basso Adriatico e nello Ionio. Di particolare interesse le testimonianze epigrafiche, graffite da antichi naviganti (messapi, greci e romani) sulle pareti di grotte-rifugio nel punto in cui è più agevole la traversata. Significative rispondenze si riscontrano anche sull'altra sponda, in analoghe grotte-rifugio della costa albanese.
R. Panvini (La nave arcaica di Gela) ha ripercorso le fasi dello scavo dell'ormai noto relitto arcaico, mostrando la grande quantità di dati restituita dallo scavo; per il relitto si sta studiando la possibilità di recupero e musealizzazione dello scafo. Con l'occasione ha presentato le recenti scoperte effettuate a terra, nella zona del "Bosco littorio" confermando la presenza in quell'area dell'antico emporio della città arcaica.
F. Faccenna (Un nuovo relitto a Gela) ha poi annunciato che sugli stessi fondali di Gela, grazie ad una serie di prospezioni, è stato identificato un altro relitto che presenta forti analogie con la nave arcaica. Con pur limitati saggi, di questo secondo relitto è stata individuata la zavorra di pietre, frammenti ceramici e alcune parti dello scafo che, dalle prime osservazioni, sembra essere "cucito".
S. Bargagliotti, F. Cibecchini e P. Gambogi (Prospezioni subacquee alla Meloria - LI) hanno riferito che nel corso di ricerche sulle Secche della Meloria sono stati rinvenuti i relitti di due navi di età romana. La prima, naufragata nella metà del III sec. a.C. con un carico di anfore greco-iraliche arcaiche e di ceramica a vernice nera, rappresenta un importante testimonianza per i commerci in età repubblicana. La seconda trasportava 11 blocchi squadrati e un fusto di colonna di marmo lunense, probabilmente destinati al mercato di Roma.
Continua ad essere studiato il noto relitto di San Pietro in Bevagna (TA) con il suo carico di sarcofagi in marmo; le nuove indagini di A. Alessio e A. Zaccaria (Nuove indagini sul relitto di S. Pietra in Bevagna (TA). hanno consentito di realizzare una planimetria completa del carico e di individuare un ulteriore sarcofago, probabilmente insabbiato al tempo delle prime ricerche.
A Cala Reale, nell'isola dell'Asinara, è stato scoperto il relitto di una nave oneraria di cui ha riferito P. G. Spanu (Il relitto "A" di Cala Reale). La nave, proveniente dalla Spagna, è stata datata, in base al ritrovamento di una moneta della zecca di Roma, alla fine del LV sec. d.C. Trasportava conserva di pesce in anfore Almagro 50 e 51, e numerosissime tessere musive di pasta vitrea, probabile materiale per decorazione.
V. Gavini e R. Silvetti (Ricerche subacquee nella Sardegna nord-occidentale (1992/95)) hanno presentato lo scavo del relitto di una caracca del 1400 circa al largo di Alghero, concluso con il recupero di oggetti di bordo (ciotole in ceramica marmorizzata, ceramica Slipware, brocchette invetriate, catini), di parte del carico costituito da stoccaggi di tessuto conservati in contenitori di tela grezza, di armi e di strumentazione di bordo (due compassi di bronzo).
M. Galasso ha presentato una panoramica di rinvenimenti localizzati soprattutto lungo le coste della Sardegna, con dovizia di documentazioni fotografiche e filmate relative non soltanto a relitti, di età imperiale, ma anche ad oggetti singoli come è il caso di una pietra con più fori la cui originaria utilizzazione resta problematica (àncora di tipo particolare, ingegno per la pesca o altro).
Materiali
L. Zaghetto (Materiali archeologici in ambiente fluviale: assenze e presenze) ha proposto un metodo di indagine statistica sui materiali provenienti dall'alveo dei fiumi. L'idea è che i depositi archeologici possano costituire una sorta di indicatori per datare l' "attività" del corso d'acqua. La base dell'analisi consiste nell'individuazione di tipologie del corso d'acqua: il fiume-naturale, il canale-artificiale, il fiume rettificato-ibrido. Il metodo è stato sperimentato sui corsi d'acqua della provincia di Padova.
L. Pietropaolo (Ceramiche comuni da Torre S. Sabina (BR)) si è occupata di un giacimento sommerso in località Torre Santa Sabina, poco distante dalla costa e a modesta profondità. In scavi del prof. Lamboglia è stata individuata una grande quantità di materiale ceramico molto eterogenea, databile dall'età arcaica all'età tardoantica. Le condizioni del ritrovamento non permettono di stabilire se si tratti di diversi naufragi o se esso sia semplicemente indizio di ancoraggio.
Nel 1597, a Genova venne pescato un rostro di bronzo a protome di cinghiale. Alla fine dell'800 si discusse sull'origine e sulla funzione di questo oggetto: L. Cavazzuti (Il rostro del porto di Genova) propone ora che non si tratti di un rostro, bensì di un proembolion (rostro secondario), che nelle navi da guerra era posto al di sopra dello sperone principale sia come decorazione, sia come ausilio nell'impatto navale. Un altro "proembolion", simile a questo per tipologia e per stile, è stato scoperto a Fos-sur-mer, in Francia.
Frammenti ceramici databili tra il II a.C. e il IV d.C., rinvenuti lungo le rive del Tevere presso Orte in località Seripola, pur decontestualizzati ed eterogenei, documentano secondo G. Galli (Orte, testimonianze di commercio dal Tevere) gli scambi commerciali tra Orte e Roma. Interessanti sono un'ansa di Dressel 2-4 con bollo ANNI ed un frammento di bipedale con bollo dell'officina di IULIA SATURNINA.
Prospezioni subacquee nel tratto del Garigliano nei pressi di Minturnae, hanno consentito a F. P. Arata (Testimonianze tardo- repubblicane dal Garigliano) di individuare importanti testimonianze di età tardo-repubblicana. Tra esse il frammento di un'architrave in travertino con una decorazione figurata in stucco ad elementi marini, proveniente con buona probabilità dalla porticus duplex del foro di Minturnae. Il motivo decorativo, che sembra ricordare le vittorie navali di Ottaviano su S. Pompeo e M. Antonio, rimanderebbe quindi ad un rifacimento di questo edificio pubblico in età tardo repubblicana o proto-augustea.
Argomento della relazione di G. Ciampoltrini e P. Rendini (Un dolio di P. Rocius: nuovi ritrovamenti dall'arcipelago toscano) sono stati importanti rinvenimenti effettuati, in questi ultimi tempi, nel mare dell'Arcipelago Toscano, relativi a materiali provenienti da ville rustiche della pianura Pontina e dell'Agro Falerno in età romana, Significativo in tal senso è un dolium con bollo in pianta pedis, recante il nome di P. Rocius.
P. Rendini (Vasi per la pesca del polpo) ha presentato un gruppo di reperti di forma particolare, per lo più provenienti dalle coste della Toscana. Ne propone l'eventuale identificazione come vasi per la pesca del polpo, forse di età altomedievale, secondo una tecnica di pesca tradizionale praticata fino a pochi anni fa in alcune zone dell'Italia meridionale ed ancor oggi in alcuni luoghi delle coste nordafricane. E' probabile che rinvenimenti di vasi per la pesca del polpo siano stati spesso travisati dal momento che tali oggetti si rinvengono generalmente isolati.
M. Giacobelli (I vetri del relitto di Grado - GO) si è soffermata su un interessante aspetto del carico della nave romana di Grado (la c.d. Iulia Felix), costituito da una grande quantità di frammenti di vetro trasportati in una botte, probabilmente destinati al riutilizzo. Il recipiente ha restituito orli, anse, pareti e fondi riconducibili allc più svariate forme, alcuni dei quali recanti bolli marchi di officina, tra cui ricorre quello aquilelese di C. Salvus Gratus.
La schedatura, da parte delle Soprintendenza, di materiali conservati ad Orbetello e provenienti da scavi e recuperi subacquei effettuati dall'équipe di Lamboglia agli inizi degli anni '60, ha costituito per M. Firmati (Materiali dai relitti di Porto Ercole e di Calo Scirocco a Giannutri) occasione per una revisione critica dei carichi. Il riesame sistematico ha consentito, tra l'altro, di precisare meglio le datazioni.
R. Cester (Rinvenimenti "isolati" dallo stretto di Messina) e D. F. Zongolo (Rinveninienti nel brindisino) hanno illustrato come i materiali, frutto di rinvenimenti sporadici e privi di un contesto organico rinvenuti nel tempo su di un tratto di costa, consentono, se studiati sistematicamente, di tracciare un quadro d'insieme della frequentazione delle acque da cui provengono e contribuiscono con la loro analisi a chiarire alcuni aspetti del commercio e della navigazione nelle aree rispettivamente prese in esame.
Metodologia
E. F. Castagnino (Isole Eolie: osservazioni su siti sommersi) attraverso l'analisi comparata ed integrata di dati geologici, archeologici, meteomarini, provenienti da ricognizioni subacquee e di superficie ha raccolto nuovi elementi sull'antica topografia costiera nell'arcipelago siciliano. Ha così potuto individuare scali portuali e approdi in alcune località: Scalo della Papesca e di Capo Rosso (età Neolitica) e di Pignataro di Fuori (età del Bronzo) a Lipari, Capo Graziano a Filicudi, Punta Milazzese a Panarea.
S. Medas (Imbarcazioni monossili: letteratura antica e archeologia) attraverso la comparazione tra le imbarcazioni i monossili e la letteratura antica relativa, ha osservato come queste particolari imbarcazioni - utilizzate in Europa già nel Mesolitico per la navigazione lacustre - abbiano assunto in seguito caratteristiche tecniche notevoli e diversificate. Vennero utilizzate in età greca e romana per costruire ponti o chiatte e fino al secolo scorso sono state impiegate sia come mezzi di trasporto sia cone elemento base nella costruzione di ponti, pontoni e altre installazioni galleggianti come i mulini.
C. Beltrame (Distribuzione dei reperti e riconoscimento dei processi formativi del relitto) ha sottolineato l'importamza di un approccio nei confronti del relitto che tenga conto delle dinamiche che portano alla sua formazione, in modo da ottenere tutti i dati necessari per conoscere i modi del naufragio, la morfologia dello scafo, l'assetto del carico, la vita di bordo ecc.. nonché i processi naturali di contaminazione. Beltrame ha rammentato alcuni momenti significativi nella formazione di questa metodologia, ad esempio le osservazioni di A. Hesnard sul Grand Ribaud D o quelle di X. Nieto a Cala Culip che documentarono il rovesciamento delle navi sul fondo, oppure la reinterpretazione del giacimento del Grand Congluè effettuata da L. Long, il quale ha rilevato la presenza di due relitti lì dove F. Benoit ne aveva visto uno solo.
M. Mazzoli dell'Associazione A.S.S.O. (La speleologia subacquea per l'archeologia) ha mostrato come la speleologia subacquea non di rado presti tecniche e metodi anche alla ricerca archeologica presentando alcune suggestive immagini della grotta marina di Cosquer con le sue sensazionali raffigurazioni di scene di caccia.
Tutela e conservazione
Al momento della scoperta di un nuovo relitto non sempre è possibile effettuare uno scavo sistematico: è quindi indispensabile disporre una protezione che sia più efficace possibile. R. Petriaggi (Un nuovo metodo di copertura per il relitto di Montalto di Castro (VT) ha illustrato un nuovo metodo di copertutra con pannelli metallici ricoperti in vetroresina, che la Soprintendenza archeologica per l'Etruria Meridionale ha sperimentato sul relitto di una nave repubblicana a Montalto di Castro.
Alcune Soprintendenze hanno in questi ultimi anni intrapreso importanti progetti di censimento e catalogazione sistematica del patrimonio archeologicico sommerso. Il risultato di questo impegno è la realizzazione di carte archeologiche, strumenti fondamentali sia per la tutela che per la ricerca.
I continui interventi civili nel bacino lagunare veneziano (55.000 ettari) hanno sollecitato la Soprintendenza archeologica del Veneto ad elaborare una carta del rischio archeologico, col risultato di una programmazione più attenta delle opere pubbliche: il progetto è stato illustrato da L. Fozzati e M. D'Agostino (Venezia: territorio sommerso e tutela). Le ricognizioni subacquee hanno prodotto nuove scoperte, ad esempio, nei pressi del Monastero agostiniano nell'isola, oggi scomparsa, di San Marco in Bocca Lama, risalente almeno all'anno Mille e utilizzato nel 1348 come cimitero per la "gente piccola" sterminata dalla peste, le indagini hanno messo in luce un relitto navale, databile, in base all'analisi al radiocarbonio, al XVII secolo.
Nel canale Malamocco- Marghera sono state individuate presenze archeologiche, interpretate da L. Fozzati e F. Bressan (Fusina 1. Un sito sommerso nella laguna di Venezia) come un insediamento produttivo destinato, in seguito alla deviazione in quell'area della foce del fiume Brenta dopo il 1400, all'approvvigionamento di acqua potabile per la Serenissima. Una notevole quantità di ossa animali con evidenti tracce di macellazione hanno confermato le fonti che ubicavano qui un mattatoio.
C. Pizzinato (Indagini preventive a Burano - S. Erasmo - Treporti - VE), ha riferito che indagini preventive per la posa di cavi in alcuni specchi lagunari hanno rivelato, sotto 2-3 metri di fango, resti di edifici e campi coltivati di età romana delimitati da anfore e pali (I - IV sec. d.C.).
La Soprintendenza archeologica per il Lazio, in previsione della realizzazione di una Forma Maris delle coste Laziali, ha avviato diversi interventi conoscitivi, effettuando azioni di tutela e recupero laddove necessario. A. Zarattini (Tutela e interventi lunga la costa laziale) ha brevemente ricordato alcune di queste attività, che vanno dall'individuazione di strutture alla foce del Fosso dell'Incastro, vicino ad Ardea, al recupero di statue dal mare del Lido delle Sirene (Anzio) ad interventi di salvaguardia nei fondali di Ventotene, mentre N. Cassieri (La villa di Tiberio a Sperlonga) ha posto l'attenzione sulle non facili problematiche di salvaguardia dall'azione distruttrice del mare dei resti del complesso tiberiano a Sperlonga.
R. Auriemma (Per la carta archeologica del Salento), ha spiegato che gli studi preliminari per la realizzazione della Carta Archeologica Subacquea del Salento hanno portato a formulare interessanti considerazioni sulle attività agricole, produttive e commerciali locali. La presenza di massicce importazioni corinzie e calcidesi attesta infatti per le età ellenistica e repubblicana la vivacità del commercio adriatico; i numerosi ritrovamenti di relitti con anfore greco-italiche confermano il pieno inserimento del Salento nella fitta rete di attività che in età ellenistica coinvolse la Magna Grecia e la Sicilia.
Da 10 anni la Francia (Departement des Recherches archeologiques subaquatiques et sous-marines) e l'Italia (Dipartimento di Studi classici e cristiani dell'Università di Bari) sono impegnate in un programma di cooperazione, grazie al quale sono state effettuate numerose campagne di scavo archeologico subacqueo, sperimentando con ottimi risultati il "modello" del campo-scuola. L. Long e G. Volpe (Dieci anni di ricerche a Hyères in Provenza) hanno offerto una panoramica delle attività. Il programma, che impegna giovani archeologi di numerose università europee, ha attuato lo studio di ben sei relitti di navi antiche. Quattro di questi, in parte sovrapposti, a Pointe Lequin: una nave greca arcaica databile agli ultimi decenni del VI sec. a.C., con un carico di anfore, ceramiche, ceramiche a vernice nera, coppe ioniche, statuette in terracotta e bronzo; un'oneraria massaliota dell'inizio del V a.C., due onerarie di età romana datate rispettivamente alla fine del III sec. a.C. e al I sec. d.C, e, infine altri due relitti, perfettamente sovrapposti, alla Palud, uno massaliota del V a. C. e l'altro tardoantico del VI sec. d.C. con anfore, grandi africane cilindriche e vinarie siro-palestinesi.
B. Davidde (Un nuovo campo d'indagine: i porti dell'Arabia Felix) ha invece dato conto della recente nascita di un programma di cooperazione fra l'Istituto di Studi Orientali dell'Accademia delle Scienze Russa, il CNRS di Lione, il Ministero dei Beni Culturali yemenita e l'Ismeo, che prevede una serie di prospezioni archeologiche subacquee lungo il litorale di Birali, dove dal I sec. a.C. fino al VII d.C. sorgeva l'importante porto sudarabico di Qana'. Le indagini sono volte all'individuazione di eventuali resti delle strutture portuali, meta frequentatissima lungo le rotte commerciali che univano l'Oriente all'Occidente. Narrano due epigrafi sudarabiche che nel 230 d.C. un re sabeo, durante la sua campagna di conquista del regno dell'Hadramawt, fece affondare 43 navi ancorate nella baia del porto di Qana
inserimento del 2O maggio 2002
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
www.archeosub.it